IL Mondo di Lucy M

Votes taken by lucy1

view post Posted: 4/5/2018, 00:50     +1NON HO PIU' PAZIENZA. - FRASI E AFORISMI

Senza_titolo_42

Non ho più pazienza per alcune cose, non perché sia diventata arrogante, semplicemente perché sono arrivata a un punto della mia vita in cui non mi piace più perdere tempo con ciò che mi dispiace o ferisce.
Non ho pazienza per il cinismo, critiche eccessive e richieste di qualsiasi natura.
Ho perso la voglia di compiacere chi non mi aggrada, di amare chi non mi ama e di sorridere a chi non mi sorride.
Non dedico più un minuto a chi mente o vuole manipolare.
Ho deciso di non convivere più con la presunzione, l’ipocrisia, la disonestà e le lodi a buon mercato.
Non tollero l’erudizione selettiva e l’arroganza accademica.
Non mi adeguo più al provincialismo e ai pettegolezzi.
Non sopporto conflitti e confronti.
Credo in un mondo di opposti, per questo evito le persone rigide e inflessibili. Nell'amicizia non mi piace la mancanza di lealtà e il tradimento.
Non mi accompagno con chi non sappia elogiare o incoraggiare.
I sensazionalismi mi annoiano e ho difficoltà ad accettare coloro a cui non piacciono gli animali.
Soprattutto, non ho nessuna pazienza per chi non merita la mia pazienza"

(José Micard Teixeira, attribuito erroneamente, in rete, a Meryl Streep)

view post Posted: 24/10/2017, 02:48     +1LUI ANDAVA IN GIRO A RACCOGLIERE PIGNE, MA I VICINI... - RUBRICA

LUI ANDAVA IN GIRO A RACCOGLIERE PIGNE, MA I VICINI...LO PRENDEVANO IN GIRO"

Schermata_2017_10_21_alle_14

C’era un uomo che durante tutta l’estate aveva raccolto pigne per la strada: i vicini lo prendevano in giro e lo deridevano. Poi, però, hanno dovuto ricredersi quando hanno ammirato quello che aveva fatto nella sua casa e nel suo giardino: questo artigiano è riuscito a creare delle meraviglie per gli occhi.

Le pigne sono davvero molto preziose, anche per creare delle opere d’arte che si fanno notare: ecco alcune idee brillanti che possiamo copiare subito!

1. Vaso per contenere le nostre piante da esterno


Schermata_2017_10_21_alle_14_0

2. Vaso per le piante da interno

Schermata_2017_10_21_alle_14_1

3. Ciotole porta oggetti

Schermata_20170_21_alle4_2

4. Simpatici cestini

Schermata01701_alle4_3

5. Fiori finti per decorare casa

Schermata01701_alle4_4

6. Centrotavola tridimensionale con pigne e fiori finti

Schermata01701_alle4_5

7. Porta candele

Schermata01701_alle4_6

8. Un altro modello di vaso per le nostre piante

Schermata01701_alle4_7

9. Fiori decorativi per la casa o per i pacchetti regalo e, perché no, anche il bouquet di una sposa

Schermata01701_alle4_8

10. Ecco un altro modello di vaso

Schermata01701_alle4_9

11. Coppia di sposini come segnaposto per il matrimonio

Schermata01701_alle4_10

12. Bottiglia decorativa piena di pigne bianche

Schermata01701_alle4_11

13. Tetto della casetta degli gnomi per decorare il giardino

13_1

14. Fiori colorati per decorare casa

13_1_0

15. Un tappeto di fiori

13_1_1

16. Un centrotavola originale per ogni festa

13_2

Che dite, non sono incredibili queste creazioni? Cominciamo subito a raccogliere tutte le pigne che troviamo in giro nei boschi e nei giardini!

www.bigodino.

view post Posted: 14/10/2017, 03:44     +1nuova oggettività - oltre l’espressionismo. - ARTE E CULTURA

nuova oggettività - oltre l’espressionismo, otto dix, george grosz, max beckmann

Tra il 1915 e il 1920 l’Espressionismo tedesco viene messo in discussione sia dagli artisti che dai critici d’arte, che lo accusano di non essere più in grado di rappresentare la vita e gli ideali della società tedesca contemporanea. Questa accusa si trova tanto nel manifesto dadaista del 1918 quanto nel saggio del 1920 di Wilhelm Hausenstein, che annuncia provocatoriamente la morte del movimento espressionista.

Il termine Neue Sachlichkeit, cioè Nuova Oggettività, viene utilizzato per la prima volta nel 1925, come titolo della mostra organizzata da Gustav Friedrich Hartlaub alla Kunsthalle di Mannheim.
Nello stesso anno lo storico dell’arte Franz Roh pubblica il libro Postimpressionismo. Realismo magico. Problemi della pittura europea più recente, in cui prende in esame le opere degli artisti che avevano esposto alla mostra e ne analizza stile e contenuti. Il comune denominatore del gruppo è la fedeltà alla pittura figurativa e un rapporto critico con la società tedesca, di cui denunciano le ipocrisie, la corruzione e i vizi.

Nelle dichiarazioni degli artisti del movimento della Nuova Oggettività si avverte il desiderio di non perdersi nei sogni, nei desideri o nelle illusioni legate sia a un nostalgico ritorno al passato, sia ai vaneggiamenti per un futuro migliore.
Al contrario, essi vogliono rimanere saldamente ancorati alla realtà presente, ai fatti, ai dati reali, alle cose, agli oggetti.

Già nel 1920 Max Beckmann scrive di non voler piangere su se stesso e sulla sua nazione, afferma che le lacrime gli sono odiose, simbolo di schiavitù. Al contrario egli pensa solo alle cose, a una oggettività trascendente, che nasce in lui dal suo profondo amore per la natura e gli uomini.
L’anno seguente George Grosz scrive che “l’oggettività e chiarezza del disegno ingegneristico sono un modello migliore che non l’essere loquaci senza controllo sulla cabala, la metafisica o l’estasi dei santi”.
Alcuni anni più tardi, nel dicembre del 1927, Otto Dix scrive un articolo sul Berliner Nachtausgabe, intitolato L’oggetto è il fatto primario, in cui ricorda e ribadisce la sua volontà di dedicare tutte le proprie attenzioni alla realtà.

La mostra di Mannheim, “dedicata a quegli artisti che sono rimasti o sono tornati fedeli alla realtà tangibile”, si svolge tra il giugno e il settembre del 1925: inizialmente voleva avere una partecipazione internazionale, poi, per vari motivi, vengono esposte centoventiquattro opere di artisti tedeschi, tra cui Max Beckmann, Otto Dix, Karl Hubbuch, Wilhelm Heise, Georg Scholz, Rudolf Schlichter e Georg Schrimpf.
Grosz espone sette opere, per lo più di ispirazione cubista-futurista, ma anche i suoi primi capolavori del nuovo stile realista, come l’impietoso Ritratto dello scrittore Max Herrmann-Neisse, con il personaggio quasi rattrappito sulla poltrona a fiori.

Tra i pittori presenti all’esposizione, Hartlaub distingue due correnti: una definita “di destra”, più classicista, cioè legata all’insegnamento dei maestri del passato, soprattutto all’arte rinascimentale italiana e comune a molti pittori attivi a Monaco; l’altra, “di sinistra”, più legata alla satira sociale e comune agli artisti di Berlino e Dresda, come Dix, Grosz, Scholz e Schlichter.

George Grosz, Ritratto dello scrittore Max Herrmann-Neisse, 1925


sgQsGf7

Otto Dix


Otto Dix nasce a Untermhaus, in Turingia, il 2 dicembre 1891. Dal 1909 al 1914 studia alla Scuola d’arti applicate di Dresda; nel 1913 visita l’Austria e l’Italia ed è influenzato dal Futurismo.
Dipinge paesaggi urbani industriali dai colori cupi e dai toni dimessi come si vede nell’olio Notte in città del 1913 o in Tramonto del sole in un paesaggio invernale, ispirato a Van Gogh.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale, influenzato dalla lettura di Nietzsche, si arruola volontario, convinto di vivere un’esperienza entusiasmante e rigeneratrice, e si raffigura nell’Autoritratto da soldato del 1914, molto vicino allo stile espressionista.
In questo dipinto Dix usa colori violenti e pennellate energiche, decise: si raffigura con il cranio rasato, le mascelle serrate, gli occhi penetranti. La stessa firma, molto grande e squadrata, indica chiaramente il suo stato d’animo fiero e determinato.
Viene inserito in un’unità di artiglieria e combatte nelle Fiandre, in Polonia e in Russia. Questa esperienza lo scuote e lo turba profondamente, come testimoniano i disegni eseguiti in quegli anni di cui si serve per realizzare il ciclo di acqueforti La guerra, pubblicate nel 1924, dai toni esplicitamente antimilitaristi, con immagini di rara forza drammatica.

Nell’autunno del 1919 Dix diventa insegnante all’Accademia di Dresda e fonda la Dresden Secession Gruppe, insieme a Conrad Felixmüller e Lasar Segall, con i quali esegue dipinti vicini all’Espressionismo, tra cui Ragazza e morte e Testa d’uomo, dai colori vivaci e dalle linee esasperate.
L’anno successivo partecipa alla “Prima fiera internazionale dada” tenutasi a Berlino, anche se segue il Dadaismo solo per pochi mesi, prima di adottare uno stile realista, asciutto e incisivo, fortemente polemico verso i mali della società tedesca.

Lo si vede in Prager Strasse del 1920, i cui protagonisti sono due mutilati di guerra che chiedono l’elemosina in una delle vie principali di Berlino. Essi sono raffigurati in maniera cruda, quasi caricaturale, tanto da assomigliare e due grottesche marionette.
La critica sociale è evidente nel contrasto tra i due personaggi e i ricchi borghesi, di cui vediamo nel quadro solo pochi dettagli, due mani guantate o uno stivaletto dai tacchi alti.
In questa composizione l’artista adotta ancora alcuni elementi dello stile dada, come il collage impiegato per la raffigurazione della vetrina di apparecchi ortopedici sullo sfondo.
Molto simile è Il venditore di fiammiferi, sempre del 1920, il cui protagonista è un mutilato seduto su un marciapiede, completamente ignorato dai passanti di cui vediamo solo le gambe, sufficienti però per caratterizzarli nel loro stato di borghesi benestanti.

Otto Dix, Autoritratto da soldato, 1914[/size]


sgQsGf7_0

[size=7]Otto Dix, Prager Strasse, 1920

sgQsGf7_1

Nel 1926, Dix tiene una mostra personale a Berlino e dipinge alcuni dei suoi ritratti più importanti, come quello del fotografo Hugo Erfurth con il cane o quello della giornalista Sylvia von Harden, nota giornalista del “Berliner Tageblatt”.
Il pittore la conosce al Romanische Café, luogo di incontri artistici e letterari; la ritrae seduta al tavolino, su cui si trova un cocktail, un portasigarette e dei fiammiferi. Come tutte le intellettuali di quegli anni, la donna tenta di nascondere la propria femminilità e vuole assomigliare a un uomo: ha i capelli corti, come andava allora di moda, porta un monocolo e fuma ostentatamente una sigaretta.
Anche le sue mani grandi e la sua postura assomigliano a quelle di un uomo: l’unica concessione al suo sesso è il rossetto, che risalta sul pallore esangue del volto. Non indossa gioielli, eccetto un anello poco appariscente. Il vestito è semplice, quasi informe, a grandi quadri rossi e neri, e richiama i colori vividi del locale in cui si trova.

Un altro quadro famoso di Dix del 1926 è intitolato Tre donne, una parodia caricaturale del tema classico delle “Tre Grazie”.
Qui le tre donne nude sono diventate delle caricature grottesche e deformi, prive di ogni erotismo, disgustose e ripugnanti: una eccessivamente magra, quasi scheletrica; una obesa, con le vene varicose alle gambe; la terza flaccida e sformata.
Le “Tre Grazie” di Otto Dix hanno dipinte sul volto delle smorfie esagerate e si rivelano per quello che sono: tre prostitute da pochi soldi, che agli occhi dell’artista rappresentano la Germania di quegli anni, corrotta, priva di morale e di valori.

L’anno successivo Dix è nominato professore all’Accademia d’Arte di Dresda e nel 1931 è membro dell’Accademia prussiana delle arti di Berlino.
Tra il 1929 e il 1932 l’artista dipinge il Trittico della guerra, in cui esprime con crudo realismo tutto il suo orrore di fronte alle scene di morte e distruzione a cui ha assistito durante il primo conflitto.

Nel 1933 realizza I sette peccati capitali, una grande allegoria in cui impersonifica i vizi, con allusioni più o meno esplicite alla società tedesca del suo tempo.
La vecchina curva in primo piano raffigura l’avarizia. Sulle sue spalle vediamo un nano, simbolo dell’invidia (i baffetti simili a quelli di Hitler sono stati aggiunti dopo il 1945). La morte rappresenta l’accidia, il diavolo l’ira e la donna la lussuria. Sul fondo l’artista ha posto due maschere grottesche: la superbia, dal viso a forma di posteriore, e l’intemperanza, con un buffo e strano copricapo.
Sul muro in rovina si legge a fatica una frase dal libro di Nietzsche Così parlò Zarathustra: “Il deserto cresce, guai a chi salva il deserto”.

Nello stesso anno Otto Dix viene licenziato dalla sua cattedra all’Accademia d’Arte di Dresda, non può più esporre i suoi quadri in pubblico e deve riparare ad Hemmenhofen, sul lago di Costanza, dove si dedica ai paesaggi e ai temi religiosi, recuperando l’antica tradizione di Dürer e di Friedrich.
Muore a Singen il 25 luglio 1969.

Otto Dix, Sylvia von Harden, 1926


sgQsGf7_2

Otto Dix, Trittico della guerra, 1929-1932

sgQsGf7_3

Otto Dix, I sette peccati capitali, 1933

sgQsGf7_4

Tra il 1927 e il 1928 Otto Dix esegue uno dei suoi massimi capolavori: il trittico Metropoli (Metropolis, o anche Grande città).

In questo trittico, esposto per la prima volta nel 1928 alla mostra “Arte e tecnica” al Museo Folkwang di Essen, Dix raffigura con spietato sarcasmo i mali della società tedesca negli anni della repubblica di Weimar, in cui convivono il lusso più sfrenato e la miseria più nera.
La parte sinistra del trittico rappresenta un vicolo lastricato sotto un ponte ferroviario metallico, sotto il quale si trovano due reduci di guerra, uno ubriaco, l’altro mutilato. Quest’ultimo guarda con un misto di odio e di desiderio alcune prostitute che si avviano verso il bordello e che rivolgono loro solo gelide occhiate di disprezzo.
E’ evidente l’aperta polemica dell’artista verso una nazione in cui il vizio e la corruzione hanno la meglio sui sentimenti di solidarietà verso i più deboli, abbandonati e derisi.

Nel pannello centrale Dix ha raffigurato una festa danzante in un ricco cabaret di Dresda: una coppia di ballerini balla un charleston, seguendo le note di una jazz band, raffigurata a sinistra, mentre a destra altri ospiti osservano in silenzio, con un’espressione più annoiata che divertita.
Tutti ostentano il loro benessere, i gioielli preziosi e gli abiti eleganti, all’ultima moda.

Nella parte destra del trittico vediamo un gruppo di signore, quasi certamente prostitute d’alto bordo, insensibili di fronte a un mutilato di guerra che chiede l’elemosina.
A differenza del pannello sinistro, qui l’ambientazione è uno strano assemblaggio di elementi architettonici classici e barocchi, simili a quelli delle composizioni metafisiche di De Chirico.
Alcuni critici hanno voluto vedere nel particolare taglio verticale del vestito rosso, bordato di pelliccia, un esplicito riferimento sessuale. Le figure al centro del gruppo richiamano gli animatori dell’Eldorado, un noto locale di travestiti dell’epoca situato a Berlino.

Otto Dix, Metropoli, 1927-1928


sgQsGf7_5

Otto Dix, Metropoli (Pannello sinistro), 1927-1928

sgQsGf7_6

Otto Dix, Metropoli (Pannello centrale), 1927-1928

sgQsGf7_7

Otto Dix, Metropoli (pannello destro), 1927-1928

sgQsGf7_8

George Grosz


George Grosz nasce a Berlino il 26 luglio 1893, studia all’Accademia di Dresda, poi alla Scuola di Arti Decorative di Berlino. Nel 1914 si arruola volontario, ma poco dopo viene riformato in seguito a una malattia.
L’anno successivo esegue una cartella con quattro disegni intitolata Grande città, in cui il tema dominante è la vita frenetica delle moderne metropoli.

Tra il 1916 e il 1917 dipinge uno dei suoi primi capolavori: Metropolis (Berlino), un’opera pervasa da un senso di angoscia e da un’atmosfera apocalittica, sottolineata dai colori cupi e violenti che trasformano la scena in una drammatica processione infernale.
Lo stile di questo dipinto ricorda quello dei futuristi, ma mentre questi ultimi esaltano la vita dinamica e ogni forma di progresso tecnologico, Grosz giudica negativamente le folle che abitano i grandi centri urbani. A suo parere in essi l’individuo perde la propria identità e si trasforma in un ingranaggio al servizio dei poteri economici e politici.

Tra il 1917 e il 1918 dipinge Il funerale. Dedicato a Oskar Panizza, una grande tela che ricorda le opere di Bosch e Pieter Brueghel: un’allegoria dell’umanità impazzita e corrotta dal male, una visione grottesca e allucinata, un vortice dai toni cupi e vividi, in cui gli stessi edifici sembrano sul punto di crollare e travolgere la folla.
Al centro della composizione notiamo la bara, su cui siede uno scheletro ubriaco; sulla destra, un giovane vomita le illusioni della sua vita. In primo piano un prete solleva le braccia e tiene nella mano destra un crocifisso bianco, con cui tenta di placare i tre esseri mostruosi e deformi davanti a lui, simboli dell’alcolismo, della sifilide e della peste.

Oskar Panizza, a cui questo dipinto è dedicato, nasce nel 1853 a Bad Kissingen in Baviera. Nel 1880 si laurea in medicina. Pubblica vari volumi di poesie, audaci e irriverenti, a causa delle quali viene processato e imprigionato nel 1885 e nel 1901 e viene internato in diversi ospedali psichiatrici, fino alla morte nel 1921.
Quest’opera segna uno dei vertici del pessimismo e del sarcasmo di Grosz, che sfoga tutto il suo rancore contro la società borghese, colpevole ai suoi occhi di aver trascinato la Germania nella tragedia della guerra mondiale o quantomeno di non essere stata capace di impedirla.


George Grosz, Metropolis (Berlino), 1916-1917

sgQsGf7_9

George Grosz, Il funerale. Dedicato a Oskar Panizza, 1917-1918

sgQsGf7_10

Il 31 dicembre 1918 Grosz aderisce al partito comunista tedesco, di cui è membro fino al 1923.
Lavora per tre riviste satiriche, Die Pleite (Il fallimento), pubblicata dal 1919 al 1924, Der Gegner (1919-1924) e Der blutige Ernst (1919), collabora con l’editore Malik, per il quale pubblica molte cartelle di disegni satirici, e tiene la sua prima mostra personale presso la galleria Hans Goltz di Monaco: tutti esempi che mostrano il suo atteggiamento polemico e corrosivo nei confronti della società tedesca e insieme il suo stile, che fonde Futurismo, Cubismo ed Espressionismo.

Il disgusto di Grosz verso la borghesia corrotta si traduce in una serie di immagini che alludono al mondo notturno dei caffè, dei music-hall, dell’alcolismo e della prostituzione, dell’avidità e dello sfruttamento, sullo sfondo di una città fredda e impersonale.

Nel 1920 Grosz sposa Eva Peter e frequenta gli esponenti del movimento dada, con cui organizza mostre e altre manifestazioni. Tra i dipinti vicini allo stile dada troviamo Automi repubblicani e Methuselah.
Nel 1921 ritorna a uno stile realista, evidente nell’olio su tela intitolato Giorno grigio. Funzionario per l’assistenza ai colpiti dalla guerra, un’aperta denuncia contro lo sfruttamento dei reduci di guerra e nello stesso tempo contro l’egoismo e l’insensibilità della borghesia.
La parte centrale del dipinto è infatti occupata dal funzionario, dall’impeccabile doppiopetto nero e la camicia candida, che tiene stretta sotto il braccio una grossa borsa. Il suo volto sferico ha un’espressione avida, quasi animalesca, accentuata dagli occhi strabici, simbolo di chi non sa vedere nient’altro che il proprio tornaconto.
Alle sue spalle scorgiamo un mutilato di guerra, ancora in divisa, dal volto segnato più dalle umiliazioni che deve subire che dal dolore e dalla miseria in cui vive, e un operaio, visto come un automa senza volto.

George Grosz, Giorno grigio. Funzionario per l’assistenza ai colpiti dalla guerra, 1921


sgQsGf7_11

Tra le opere più importanti di Grosz realizzate tra il 1925 e il 1935 si trova Scena di strada, ambientata nel Kurfürstendamm, una delle vie principali di Berlino. Protagonisti di questa opera sono dei borghesi benestanti, dallo sguardo ottuso e inespressivo, specchio eloquente del loro egoismo e della loro indifferenza verso il venditore di fiammiferi, un mutilato di guerra raffigurato nell’angolo inferiore sinistro della tela.

L’anno successivo, nel 1926, compone I pilastri della società, un coraggioso atto di accusa contro chi dovrebbe sostenere la nazione e in realtà la distrugge a causa della propria inettitudine, vigliaccheria o avidità.
Il titolo si ispira all’omonima commedia di Henrik Ibsen: in primo piano si riconosce un avvocato militante del Corpsbruder, un’associazione corporativa filonazista, come si vede dalla svastica appuntata al nodo della cravatta. E’ senza orecchie e con il volto solcato da una cicatrice che si è procurato in un duello; con la mano sinistra tiene un boccale di birra e con la destra una spada, e dalla sua testa scoperchiata esce un soldato a cavallo, incarnazione dei suoi progetti bellicosi.
A sinistra c’è un giornalista che assomiglia ad Alfred Hugenberg, soprannominato “il ragno”: tra le mani tiene una matita, una lunga penna ed alcuni giornali, sporchi di sangue; in testa ha un vaso da notte, a simboleggiare la sua scarsa obiettività.
A destra un deputato socialista mostra lo slogan “Sozialismus ist Arbeit” (Il socialismo è lavoro), mentre dal suo capo, anch’esso “aperto”, esce una massa marrone fumante, non propriamente “cerebrale”. Sullo sfondo si scorgono alcuni militari e un palazzo in fiamme, simbolo della violenza delle repressioni naziste, mentre un sacerdote dà la sua benedizione con gli occhi chiusi, per non vedere quello che succede.

Una delle tipiche composizioni di Grosz fortemente critiche verso la società del suo tempo è Circe del 1927, in cui vediamo una coppia che si bacia, seduta al tavolino di un bar: lei è quasi completamente nuda, con un cappellino alla moda, una piccola stola di pelliccia al collo e una giarrettiera rossa; lui è il tipico borghese arricchito, il cui volto si allunga tanto da assomigliare a quello di un maiale.
Altrettanto significativo è Strada di Berlino del 1931, ambientato all’uscita di un elegante ristorante: in primo piano una coppia di ricchi borghesi rivela il proprio meschino egoismo e si dimostra insensibile nei confronti del mendicante che chiede loro l’elemosina, uno dei due milioni di veterani della Prima guerra mondiale e uno dei cinque milioni di disoccupati, vittime della crisi economica mondiale della fine degli anni venti.

Questa e altre opere di aperta denuncia sociale e di evidente impegno politico gli attirano la condanna da parte dei nazisti, che lo inseriscono nell’elenco degli artisti degenerati.
Nel 1933 Grosz deve rifugiarsi negli Stati Uniti: insegna all’Art Student League di New York e ottiene la cittadinanza statunitense.
Nel 1959, poco prima della morte, torna in Germania ed è nominato membro dell’Accademia di Belle Arti di Berlino, dove muore il 6 luglio.

George Grosz, Scena di strada, 1925


sgQsGf7_12

George Grosz, I pilastri della società, 1926

sgQsGf7_13

Max Beckmann


Max Beckmann nasce a Lipsia il 12 febbraio 1884. Studia all’Accademia di Weimar, allievo del ritrattista Carl F. Smith; viaggia a Parigi, Amsterdam, Ginevra e Berlino, dove frequenta gli ambienti della Secessione e dove tiene la sua prima mostra personale.
Nel 1906 sposa Minna Tube e realizza Grande scena di morte, un’opera drammatica nata in seguito alla morte della madre e stilisticamente affine alle opere di Edvard Munch. Nello stesso anno dipinge una crocifissione intitolata Dramma e Giovani al mare, una grande composizione di stile ancora accademico, esposta con successo alla mostra del Deutscher Künstlerbund di Weimar.

Nel 1913 tiene una mostra presso la galleria berlinese di Paul Cassirer ed esegue numerosi dipinti a soggetto storico, religioso o legato ad avvenimenti di attualità, come il terremoto di Messina o l’affondamento del Titanic.
L’anno seguente si arruola volontario come infermiere; viene inviato nella Prussia orientale, poi nelle Fiandre, dove conosce Heckel, ma viene congedato l’anno seguente per un forte esaurimento nervoso.

Dal 1915 si separa dalla moglie e insegna alla Scuola di Belle Arti di Francoforte.
Come si può vedere nell’Autoritratto con fazzoletto rosso del 1917, Beckmann si raffigura come un artista tormentato, alla ricerca di un equilibrio interiore e di solide certezze, che non riesce a trovare né dentro di sé, né nella società in cui vive. Nello stesso anno esegue una sofferta Deposizione, che ricorda i capolavori dei maestri del Rinascimento tedesco e si caratterizza per un disegno spigoloso ed essenziale, privo di abbellimenti e decorazioni.
Nelle opere degli anni successivi dedica maggiore attenzione al disegno, alla disposizione delle masse, anche se la maggior parte delle scene raffigurate è pervasa da un senso opprimente di solitudine, angoscia e disperazione, come si può vedere in La sinagoga del 1919, Carnevale del 1920 e Prima del ballo in maschera del 1922.

Altrettanto significativa è la tela del 1921, Autoritratto nei panni di un clown, uno dei numerosi autoritratti che l’artista ha eseguito nella sua carriera. In questa tela Beckmann guarda alla realtà in maniera oggettiva e disincantata: non fa nulla per abbellirsi o per rendersi più simpatico e accattivante. Al contrario, manifesta apertamente la crisi esistenziale che lo affligge, i sentimenti di frustrazione, insoddisfazione e autocommiserazione che tormentano il suo animo sensibile. La prospettiva stravolta con cui il pittore disegna la stanza, che ricorda lo stile degli interni di Van Gogh, testimonia questo stato d’animo dimesso e sconsolato.
L’artista, che noi vediamo in questo dipinto vittima di una profonda afflizione morale, sembra aver perso ogni speranza e illusione, e protende il braccio destro in segno di resa. Si raffigura nei panni spenti di un clown, incapace perfino di svolgere il suo lavoro, ciò di far ridere la gente.

Max Beckmann, Autoritratto con fazzoletto rosso, 1917


sgQsGf7_14

Max Beckmann, Autoritratto nei panni di un clown, 1921

sgQsGf7_15

Tra il 1918 e il 1919 Max Beckmann dipinge La notte.
Questo dipinto può essere letto come un’allegoria del male e della violenza a cui l’artista ha assistito personalmente durante la Prima guerra mondiale e che lo ha profondamente sconvolto, tanto da provocargli un grave esaurimento nervoso.
La scena narrata è ispirata a un fatto di cronaca nera realmente avvenuto: la quiete domestica di una famiglia, che si appresta a cenare, viene interrotta da criminali, che rubano, torturano e uccidono.

Il dipinto è caratterizzato da un realismo crudo e immediato, reso per mezzo di un disegno nervoso e nello stesso tempo minuzioso nel descrivere i minimi dettagli anatomici e nel rendere le espressioni dei singoli personaggi, esasperate e perfino grottesche.
La drammaticità della scena è accentuata dall’affollamento dei personaggi in uno spazio che sembra molto stretto o addirittura deformato, come se lo spettatore lo vedesse attraverso una lente o in un incubo. Anche i colori vividi e freddi, dalle sfumature opache, contribuiscono a creare un’atmosfera plumbea e macabra, tale da incutere un senso di disagio e di angoscia.

In questa tela Beckmann sviluppa e approfondisce un tema che aveva già trattato in una sua acquaforte del 1914: ci presenta un’umanità impazzita e abbrutita dall’odio, che infierisce sui deboli con gusto sadico, del tutto gratuito.
La notte cui fa riferimento il titolo non è reale ma spirituale e indica la totale assenza di valori e di ideali, che trasforma gli esseri umani in belve spietate, pronte a qualunque azione malvagia, per la bramosia di possesso, e perfino al male fine a se stesso.

La struttura compositiva assomiglia alle scene di martirio della pittura antica, ma mentre in queste il male e il dolore vengono vinti o almeno attenuati dalla fede in Dio, qui il pittore ci mostra una visione totalmente pessimistica della vita, senza vie di scampo e soprattutto senza senso e senza alcuna possibilità di redenzione.

Max Beckmann, La notte, 1918-1919


Pur essendo presente con cinque opere alla mostra della Nuova Oggettività di Mannheim, Beckmann segue un proprio stile personale, non sempre vicino alle tematiche realiste: negli anni venti si dedica ai temi religiosi e mitologici, svolti più in chiave intimista e soggettiva; anche nei ritratti e negli autoritratti indulge nell’introspezione psicologica e solo in alcune scene a contenuto sociale e politico rivela un’indole satirica e moralistica.

Nel 1925 divorzia e sposa Mathilde von Kaulbach, figlia del pittore Friedrich August von Kaulbach, soprannominata Quappi.
Tra i molti ritratti che il pittore le dedica, il più affascinante è senza dubbio Quappi in rosa: la vediamo seduta su una poltrona, con un elegante abito rosa chiaro, una lunga collana a più giri e la sigaretta nella mano destra che va letta come il simbolo della sua indipendenza femminile. Lo sguardo attento e concentrato della donna, una brava musicista, non è direttamente rivolto verso lo spettatore, ma alla propria sinistra, dove si trova probabilmente un interlocutore a noi invisibile che le sta rivolgendo la parola.
Un altro dettaglio che colpisce in questo ritratto sono le mani dalle dita lunghe e affusolate, che ricordano le Madonne rinascimentali e contribuiscono a dare alla moglie dell’artista un’immagine nobile e austera.

Sempre nel 1925 Beckmann ottiene una cattedra allo Städelsches Kunstinstitut di Francoforte; l’anno successivo espone per la prima volta negli Stati Uniti.
A partire dal 1928 il suo disegno diventa ancor più preciso e minuzioso, arricchito da una maggior varietà cromatica, come si può vedere in alcune composizioni di quegli anni, a partire da Zingara, del 1928, dal trittico Partenza, del 1932-1933, o da Ricevimento a Parigi del 1931.

Quest’ultimo è uno degli esempi migliori del modo in cui l’artista osserva e critica la borghesia tedesca di quegli anni, anche se lo fa in maniera meno aspra e corrosiva rispetto alle opere coeve di Dix o Grosz. La tela ci mostra un elegante ricevimento all’ambasciata tedesca a Parigi. Grazie alle indicazioni fornite dalla moglie di Beckmann alcuni dei personaggi raffigurati sono stati identificati: al centro il principe Karl Anton Rohan; all’estrema destra il banchiere di Francoforte Albert Hahn; seduto a sinistra il critico musicale Paul Hirsch; seduto in basso a destra, con le mani sulla testa, l’ambasciatore tedesco Leopold von Hoesch; infine l’uomo in piedi a sinistra è quasi sicuramente il sarto parigino Paul Poiret.
Quello che colpisce di questo quadro è il fatto che nonostante sia un’occasione mondana, nessuno dei presenti sembra divertirsi: tutti hanno un’espressione seria, triste, come se fossero oppressi da preoccupanti angosce, tanto che alcuni critici hanno voluto vedere in questa scena una specie di veglia funebre sulla democrazia in Germania alla vigilia del Terzo Reich.

Nel 1933, a causa del suo atteggiamento considerato negativo e disfattista, Beckmann viene licenziato e inserito nell’elenco dei pittori degenerati; nel 1937 è costretto a lasciare la Germania. Vive a Londra, Parigi, e Amsterdam, dove espone con successo le sue nuove opere.
Nel 1938, ad Amsterdam, dipinge uno dei suoi molti autoritratti, intitolato Autoritratto con corno. Il pittore si raffigura con un corno nella mano sinistra, simbolo dell’arte romantica tedesca, con cui esprime la sua nostalgia per la patria perduta.
Nel 1947 si reca negli Stati Uniti, dove insegna ed è protagonista di numerose mostre monografiche.
Muore a New York il 27 dicembre 1950.

Max Beckmann, Quappi in rosa, 1932-1934


sgQsGf7_17


Max Beckmann, Ricevimento a Parigi, 1931


sgQsGf7_18

Max Beckmann, Autoritratto con corno, 1938




Epilogo


Fin dai primi anni della sua carriera politica Hitler guarda con sospetto e diffidenza l’attività degli artisti d’avanguardia tedeschi. Ai suoi occhi essi sono lontani, se non addirittura su una lunghezza d’onda antitetica alle sue idee.
Egli li considera nemici della grande Germania che intende costruire, li ritiene dei disfattisti, degli ostacoli, dei sabotatori, dei nemici da far tacere il prima possibile.

Una volta preso il potere, nel 1933, attua una rigorosa e sistematica politica di controllo e di repressione: tutti gli uomini di cultura, pensatori, giornalisti, insegnanti, letterati e artisti di ogni disciplina devono piegarsi alle direttive del regime; chi non accetta deve cercare rifugio all’estero o è costretto al silenzio, perché non può esporre in pubblico le proprie opere e perde ogni incarico nelle scuole e nei musei.

Nel 1937, nel corso di una delle tante manifestazioni pubbliche, Hitler tiene un discorso in cui conferma la sua volontà di “ripulire” tutti i settori della cultura e di distruggere senza pietà le opere di coloro che non hanno voluto adeguarsi ai suoi ordini.
A partire da quell’anno gli ispettori della Gestapo ispezionano gli studi, le abitazioni e perfino le cantine degli artisti più irriducibili, per evitare che continuino in privato il loro lavoro. Proprio per questo Emil Nolde smette del tutto di produrre oli su tela, per dedicarsi esclusivamente a piccoli acquerelli, facilmente occultabili in caso di ispezione.

Circa sedicimila opere vengono “epurate” dai musei pubblici, vendute all’estero o addirittura bruciate nel corso di manifestazioni propagandistiche, come quella tenutasi nel cortile della caserma dei pompieri di Berlino nel 1939, durante la quale vengono distrutti oltre mille dipinti e circa quattromila tra acquerelli e disegni requisiti dalla Gestapo da gallerie e abitazioni private.
Lo stesso anno, nell’Haus der Kunst di Berlino, viene organizzata una rassegna delle opere d’arte gradite al regime e al Führer; contemporaneamente, a Monaco, si apre una mostra con seicentocinquanta opere di centododici artisti chiamata Entartete Kunst, ovvero “Arte degenerata”. Lo scopo è quello di deridere e umiliare questi pittori ribelli, non allineati con la cultura ufficiale. Il pubblico premia invece le opere degli “artisti degenerati”, ammirati da oltre un milione e duecentomila visitatori.

George Grosz, Siegfried Hitler, 1923


sgQsGf7_19

view post Posted: 27/8/2017, 02:16     +1I Benefici dei Fichi d’India: - UTILITA' PER LA SALUTE

I Benefici dei Fichi d’India:

benefici_dei_fichi_dindia

Fichi d’India: danno energia, fanno dimagrire, proteggono dai radicali liberi e trattano il diabete

Il fico d’India è una pianta perenne che appartiene alla famiglia dei cactus. Originaria del Messico, venne importata in Europa dai conquistadores spagnoli, e oggi è presente in tutto il bacino del Mediterraneo, rappresentando un vero e proprio simbolo delle nostre regioni del sud.
Il frutto è molto buono, ma in pochi sanno che viene usato da secoli anche come rimedio naturale, per via delle sue incredibili proprietà terapeutiche. Di seguito ti elenchiamo i principali benefici dei fichi d’India.

Questo frutto contiene poche calorie, ed è ottimo per chi si trova a dieta. Contiene acqua, carboidrati, grassi, fibra solubile, proteina vegetale, magnesio, calcio, ferro, potassio, vitamine del gruppo B, vitamina C e flavonoidi.

Il fico d’India ha un’azione ipoglicemizzante, antinfiammatoria, cardioprotettriva, antidiarroica, emolliente, saziante, astringente, antiossidante ed epatoprotettiva.
Può aiutare a migliorare disturbi come ulcere stomacali, emorroidi e fegato grasso. E’ un ottimo frutto per regolare i livelli di trigliceridi, prevenire la comparsa di emorroidi e la stitichezza.

Se mangiato prima dei pasti, il fico d’India è ottimo per regolare i livelli di zuccheri nel sangue. Inoltre, è ci aiuta a contrastare gli effetti dei radicali liberi e ad alleviare irritazioni cutanee come eczema o psoriasi (si applica direttamente sulla pelle).

view post Posted: 28/7/2017, 04:18     +1DOVE PORTI L’ANELLO? OGNI DITO HA UN SIGNIFICATO - RUBRICA

DOVE PORTI L’ANELLO? OGNI DITO HA UN SIGNIFICATO

Cattura_2

Sapete che se mettete l’anello nel pollice destro ha un significato e se lo mettete nel sinistro ne ha un altro? Beh è proprio così, non mettete gli anelli a caso, la posizione degli anelli in base alle dita ha un vero e proprio significato, ce ne sono diversi, scopriteli tutti in questo articolo. DESTRO- Portare un anello al pollice della mano destra denota una personalità vanitosa e possessiva, il desiderio di conoscere tutto delle persone. Le intenzioni possono essere ottime, i risultati meno esaltanti poiché si viene etichettati come invadenti. Non è indice di buongusto. SINISTRO- Indica un carattere vanitoso e arrivista. Chi porta un anello a questo dito tende a sfruttare fatti e persone, è scaltro, ma le idee relativamente chiare e il timore di fallire lo spingono a vivere nell’ombra di personalità più forti e goderne i vantaggi. INDICE DESTRO- E’ il dito degli estroversi, delle persone piene di gioia di vivere, di coloro che in ogni situazione si trovano a proprio agio grazie sia alla fantasia sia alla faccia tosta. Vanità si affianca a creatività se non intervengono altri aspetti. In caso contrario si hanno i mitomani, quanti inseguono le novità quali che siano purché siano, superficiali e pigri, ghiottoni più che buongustai della vita. SINISTRO- Indica la persona intuitiva, dotata di solido buonsenso, anche se un po’ scarsa quanto a profondità di sentimenti. La mente è sveglia, buona la forza lavorativa, eccellente l’organizzazione. In qualche caso si ha la persona di genio, in qualche altro la persona ipocrita. E’ comunque sempre meglio aspettare prima di legarsi per amore o per amicizia a chi porta gli anelli a queste dita. MEDIO DESTRO- Indica un soggetto intelligente, organizzato, abile nel far fare agli altri esattamente ciò che desidera. Difficilmente si abbandona ai sentimenti privilegiando il buonsenso, ma è capace di devozione e dedizione. Si tratta di soggetti che acquistano la fiducia altrui e che fanno di tutto per mantenere inalterata la propria fama di persone affidabili e concrete. In qualche caso è indice di ostinazione e intolleranza nei confronti delle idee altrui. SINISTRO- E’ sinonimo di un soggetto pacato, intelligente, piacevole e ricco di spirito pratico, profondo nei sentimenti. L’apparente distacco serve per giudicare meglio fatti e persone, senza nulla togliere alla bontà dell’animo. Bisognerebbe consigliare a queste persone di non lasciarsi troppo coinvolgere dalle difficoltà altrui. Corrono il rischio di vivere in chiave minore la propria vita, presi come sono ad aiutare il prossimo. ANULARE DESTRO- E’ la posizione di coloro che amano la vita in tutte le sue manifestazioni, che godono delle piccole cose senza rinunciare a migliorare la propria posizione sociale e materiale. Si tratta di soggetti che si amano molto, che tengono a suscitare sempre ottime impressioni, che adorano essere al centro dell’attenzione altrui. Diplomatici e apparentemente generosi, in realtà tendono a dominare e prendono ciò che gli altri hanno da dare. Ma lo sanno fare così bene! SINISTRO- E’ il dito della fede nuziale, non vale nello studio della personalità se c’è solo questo anello. Se la persona non è sposata, o se porta anelli che non siano la fede e il ferma fede, indica una persona fedele alla tradizione, di animo nobile, che aspira a mete elevate, che desidera raggiungere e mantenere l’armonia tra il proprio intimo e il mondo circostante. Qualche volta indica soggetti sentimentalmente infantili, persone che si lasciano condizionare dal vittimismo, dal masochismo.

MIGNOLO DESTRO- Indica una personalità coraggiosa che non si ferma davanti a niente. Generosa e appassionata in amore, poco incline alle mezze misure, spesso si fa nemici per la bruschezza dei modi e delle parole. In qualche caso indica una personalità rozza, sessualmente eccessiva, incline alle trasgressioni. SINISTRO- Indica un soggetto intelligente, dotato di una bella eloquenza, carisma, forza lavorativa, intuito psicologico, desiderio di emergere, anche di dominare gli altri, grande passionalità in amore, ma sempre entro i limiti della giustizia e del buon senso. In qualche caso indica una propensione allegra, un gran gusto per i pettegolezzi. CINQUE ANELLI PER MANO Chi ha entrambe le mani cariche di anelli e anellini dimostra una personalità volta all’eccesso in ogni manifestazione della vita. Ostentazione, grossolanità nei gusti, ingordigia sessuale, confusione sugli scopi da raggiungere. Portare cinque anelli in una mano, non importa se destra o sinistra, rende solo un po’ meno accentuate queste caratteristiche. Indica una persona che non ha il coraggio delle proprie azioni, scontenta e permalosa. QUATTRO ANELLI PER MANO Non importa se portati solo a destra o a sinistra o in entrambe le mani, indica una persona inquieta, che si maschera in modi diversi assumendo di volta in volta l’atteggiamento che ritiene gli convenga meglio, che non raccoglie i frutti di tanto sacrificio per fondamentale indecisione nelle scelte. INDICE-MEDIO-ANULARE DESTRA- E’ indice di una personalità estroversa, di un soggetto che desidera godere di tutto ciò che offre la vita, di tutto ciò che riesce a carpire, non importa se superficialmente. E’ segno di egoismo. SINISTRA- E’ sinonimo di persona bisogna di affetto, da ricevere più che da dare, di egoismo ingenuo, di prese di posizione, ma non manca la possibilità di trarre frutto dalle esperienze.

INDICE-ANULARE-MIGNOLO DESTRA- Indica un soggetto estroverso, impulsivo, facile a perdere la calma e il lume della ragione, deciso a porsi in evidenza. Se non impara ad organizzare meglio le proprie risorse, chi porta gli anelli a queste dita rischia un precoce decadimento fisico. SINISTRA- Indica un soggetto estroverso, entusiasta, di buon carattere, creativo. I colpi di testa non mancano, qualche volta il tatto lascerà a desiderare, lo spirito vendicativo può appannare la ragione, ma alla fine prevale sempre l’umanità, un nuovo interesse attira l’attenzione e…la vita continua. INDICE-MEDIO-MIGNOLO DESTRA- Indica una personalità carismatica, il desiderio di imporre la propria volontà, anche invadenza, ma sempre con buone intenzioni. Concedendosi qualche spazio personale per rilassarsi, chi porta questi anelli imparerà ad amministrare meglio le proprie risorse e otterrà maggiori successi morali e materiali. SINISTRA- Ricca fantasia, ambizione, desiderio di emergere alimentano questa personalità. Bisogna solo che imparino a non temere troppo gli altri, ad avere maggiore fiducia in sé e nelle proprie possibilità e il successo è assicurato. MEDIO-ANULARE-MIGNOLO DESTRA- E’ indice di una personalità ricca di qualità di cuore e di mente. Il rischio è dato dal desiderio di fare sempre nuove esperienze, di vivere in modo intenso, che può portare alla superficialità e allo sperpero delle risorse fisiche e mentali. SINISTRA- Indica un soggetto intelligente, profondo, generoso ma non sciocco, costante e determinato nel raggiungere le mete prefissate. E’ il segno di coloro che lavorano duro, che combattono senza strepito e che alla fine vedono riconosciuti i propri meriti. fonte:incredibiliedivertenti.com


DAL WEB.

view post Posted: 28/7/2017, 02:52     +1METEO - allerta ~ dal 31 Luglio arriva il CALDO infernale di LUCIFERO - RUBRICA

METEO - allerta ~ dal 31 Luglio arriva il CALDO infernale di LUCIFERO

L'anticiclone africano Caronte lascerà il posto all'infernale Lucifero

Casa_Berlusconi_Villa_San_Martino_Arcore_Indirizzo

"Dalla padella alla brace" dice un famoso detto... è quello che sembra prospettarsi, a livello meteorologico, per l'Italia a partire da Lunedì 31 Luglio e soprattutto dal 1° Agosto. Se l'anticiclone africano Caronte ha portato caldo intenso e punte di 40° diffusi al Sud, oltre alle tristi conseguenze di incendi e siccità, questa ancora in atto, ora sarà Lucifero, temibile alta pressione africana che infuocherà l'Italia. I 40° si potrebbero toccare anche al Centro e al Nord.

SITUAZIONE PROSSIMI GIORNI - Dopo il ritorno dell'alta pressione Caronte che riporterà il sole su gran parte dell'Italia, temperature un po' più miti, ma in graduale aumento, ecco che da Lunedì 31 Luglio l'anticiclone africano Lucifero prenderà il posto di Caronte.

CONSEGUENZE - Se già nel corso del weekend le temperature inizieranno ad aumentare grazie a Caronte, con Lucifero queste schizzeranno ancora più in alto. La bolla calda africana che sarà diretta proprio verso l'Italia, riuscirà a portare le temperature massime fino a 41° al Centro e al Nord, poi il caldo infernale si porterà anche al Sud. Roma potrebbe sfiorare i 39°, come Firenze e molte città del Centro. Bologna proverà a superare i 41°, come Rovigo, Ferrara e molte località della Pianura Padana centro-orientale.

SICCITA' E NIENTE PIOGGIA - Con Lucifero il tempo si presenterà ampiamente soleggiato, molto caldo, afoso e le precipitazioni sembrano esser relegate soltanto ai settori alpini, e sotto forma di temporali pomeridiani. In queste condizioni la siccità si aggraverà ulteriormente su tutte le regioni.


www.ilmeteo.it

view post Posted: 14/7/2017, 16:46     +1Pranzo sul grattacielo: i segreti di una foto cult. - AMARE LA FOTOGRAFIA

Pranzo sul grattacielo: i segreti di una foto cult

Questa famosa fotografia è vera, ha 85 anni e 7 piccole curiosità che vale la pena raccontare.

pranzosugrattacielo

Lunch atop a skyscraper è stata scattata il 2 settembre del 1932 a New York: non si sa chi fu l'autore del fortunato scatto né i nomi della maggior parte degli operai.

Undici operai che consumano il pranzo seduti su una trave sospesa a 250 metri d'altezza... Il 2 ottobre 2017 saranno passati 85 anni da quando questa foto (oggi un "cult") fu stampata sulle pagine del supplemento domenicale del New York Herald Tribune, diventando immagine iconica di un’epoca (la Grande Depressione), della città di New York, ma anche della straordinaria capacità di quegli uomini, nessuno dei quali mostra il minimo segno di disagio.

Come molte immagini simbolo, anche Lunch atop a skyscraper (pranzo su un grattacielo) ha una storia che merita di essere raccontata e dei piccoli segreti.

1. Non conosciamo l'autore. Fino agli anni '50 non era raro che un fotografo non vedesse pubblicato il nome accanto alle sue foto. Ancora oggi, gli storici non sanno se a scattare la foto fu Charles C. Ebbets (il più accreditato) o altri fotografi anche presenti quel giorno, come William Leftwich e Thomas Kelley.

2. Sappiamo dove è stata fatta. A lungo si è creduto che fosse stata scattata sull'Empire State Building, ma non è così: la foto è stata fatta sulle impalcature del Rockefeller Center di New York.

3. È un’immagine positiva. Nel pieno della Grande Depressione, che mise in ginocchio gli Usa producendo la cifra record (per quei tempi) di 15 milioni di disoccupati, mostrare all’America intera una New York in piena espansione produsse un certo ottimismo: "il Paese sta ripartendo!", diceva.


fonte... focus.

view post Posted: 7/7/2017, 05:14     +2CRISTIAN DE SICA RACCONTA". - DIVE E DIVI DI TUTTI I TEMPI.

Christian De Sica svela la verità su suo padre: “Lo credono un grand’uomo, ecco cosa mi ha lasciato”


unnamed_3_26_640x335

Christian De Sica rappresenta sicuramente uno degli attori italiani di maggior successo per quel che riguarda le produzioni cinematografiche nostrane, ma nonostante i soldi e la fama ha sempre dovuto combattere contro un gigante impossibile da abbattere: il pregiudizio che la sua carriera sia stata possibile solamente grazie al padre.

Essere un figlio d’arte è una maledizione che può distruggere intimamente le certezze di una persona poiché qualsiasi successo professionale raggiungerà, verranno sempre fatti dei paragoni con la madre o il padre qualora si scelga di intraprendere le loro stesse strade. Christian questa situazione l’ha vissuta per tutta la vita, ma ha saputo realizzarsi comunque a livello lavorativo.

Certo non gli è mai riuscito di eguagliare Vittorio De Sica, ma la missione era proibitiva e forse nemmeno lui ha mai davvero aspirato a quel traguardo: tutto ciò che voleva era poter fare il suo mestiere a modo proprio. In questo può dire d’aver conseguito il suo scopo. Ci sono però particolari oscuri della vita familiare dei De Sica che i fan non hanno mai voluto accettare, come la dipendenza dal gioco d’azzardo di Vittorio.

Vittorio De Sica era patologicamente dipendente dalle scommesse, tant’è che finì col dilapidare tutto il suo patrimonio al gioco lasciando la famiglia in miseria. Negli anni ’70 l’attore morì, ed il figlio Christian conobbe Silvia Verdone (sorella dell’attore Carlo) con la quale poi fuggì alla ricerca di fortuna: “Quando ci siamo conosciuti mio padre era morto da poco, io ero senza una lira in tasca, solo i debiti precedenti“.

“Che fame – ha spiegato Christian a Il Fatto Quotidiano – All’epoca saltavamo i pasti. Una volta giravo un film in Francia, e parliamo della fine degli Settanta, a colazione ci davano due uova con la pancetta, io le prendevo e le davo a mia moglie. Per me era il digiuno […] Anche allora chi non era del mondo del cinema e non sapeva l’enormità del vizio al gioco di mio padre, non ci credeva del tutto“. Come tutti ben sappiamo però poco a poco Christian è riuscito a pagare i debiti e costruirsi la sua vita, oggi ricca di soddisfazioni personali nonostante l’ingombrante ombra paterna. Fonte da news.fidelityhouse

view post Posted: 6/7/2017, 04:39     +1SE SOFFRITE DI PRURITO ECCO IL PERCHE' - UTILITA' PER LA SALUTE

SE SOFFRITE DI PRURITO ECCO IL PERCHE'.

Cattura_0

A tutti può capitare di avere un prurito improvviso o meno in una qualsiasi parte del corpo! Esso può sembrare una cosa da niente ma non è sempre così. Infatti il prurito rappresenta uno dei segnali principali che l’organismo manda al nostro corpo per avvertirci della presenza di un malessere, di un irritazione, di un’allergia o di uno squilibrio! Ecco perché durante i periodi difficili siamo più suscettibili alle infezioni, comprese quelle vaginali. Il prurito può avere cause che vanno ricercate al di lò di un’allergia o un’ intossicazione alimentare ecc… Molte volte esso ha una ragione psicologia che va ricercata all’interno della persone, analizzando vari aspetti psicofisici. Se per alcune malattie psicosomatiche può sfuggire il senso di connessione tra la mente e il corpo, nel caso dei disturbi cutanei appare più evidente il senso in quanto è proprio sulla pelle che i conflitti emotivi vengono “scaricati”. Una delle cause principali per la quale possono esserci delle eruzioni cutanee vanno ricercate nei peridi di grande stress e di ansia. In questo caso la psiche manifesta la sua reazione sul corpo e questo fenomeno non ha nulla a che fare con le vere allergie. Lo stress, fisico e psichico, influisce negativamente sulla produzione di anticorpi e sulle cellule preposte alle difese, e modifica anche il delicato equilibrio tra i microrganismi “buoni” della nostra flora batterica e quelli dannosi. Ecco perché durante i periodi difficili siamo più suscettibili alle infezioni, comprese quelle vaginali. Dobbiamo prendere consapevolezza che non tutti somatizzano lo stress e la stanchezza fisica nello stesso modo, per questo avere una reazione del genere non è anormale, anzi! Ciò che deve lasciarci pensare è che IL PRURITO HA UNA SUA RAGIONE SPECIFICA CHE SI DIFFERENZIA A SECONDA DELLA PARTE DEL CORPO CHE VIENE COLPITA.

Quindi, per ogni zona diversa avrete una causa scatenante differente. APPROFONDIAMO ASSIEME QUESTO ASPETTO: Comunque, prima di affermare che una dermatosi è psicosomatica, occorre escludere tutte le possibili cause organiche con una visita diretta, eventuali test ematochimici e altri esami strumentali. Mappatura del prurito, analisi psicosomatica Ecco una mappatura delle principali sedi di questo fastidioso sintomo, e di relazionarle con alcune comuni motivazioni psichiche: PRURITO ALLA TESTA Spesso si dice , quando si è preoccupati, di avere un “gratta-capo”. Questa localizzazione del sintomo, sottintende, a livello spesso inconscio, una preoccupazione e il nostro tentativo di trovare una soluzione. PRURITO AL NASO Quando respiriamo un’aria pesante, o, per meglio comprendere, “irritante”, spesso si accusa prurito in questa sede; ad es: il prurito al naso dei bambini che vivono in un ambiente familiare “teso” in cui i genitori spesso litigano e non vanno d’accordo. PRURITO AGLI OCCHI E’ la localizzazione di quando abbiamo difficoltà a vederci chiaro, e allora, dobbiamo strofinarci gli occhi… PRURITO ALLA SCHIENA Tipico di quando ci gettiamo un problema “alle spalle”, ignorandolo. E’ il momento, allora, di ripescare il problema, di affrontarlo, e risolverlo. PRURITO AL COLLO Tipico di quando ci troviamo nella difficoltà di agire razionalmente o d’istinto o quando si è combattuti per qualcosa. Il collo è il punto di congiunzione tra testa e cuore; per questo si traduce nell’ incapacità di decidere la cosa più giusta da fare. PRURITO ALLE MANI Quante volte, avendo voglia di “picchiare” qualcuno, diciamo: “- Mi prudono le mani…..”. Esprime una rabbia soffocata. PRURITO ALLE GAMBE Le gambe, ci portano lontano…ecco come, un prurito in questa zona, può celare la smania di fare qualcosa o di scappare da una determinata situazione . Es: il prurito alle gambe degli anziani, spesso cela la paura della morte, e il tentativo di sfuggire da tale esperienza… PRURITO AI PIEDI Tipico di quando ci troviamo in una situazione dalla quale toglieremmo volentieri i piedi… PRURITO ALL’ ADDOME Particolare attenzione va posta al prurito della pancia nelle gravide, in quanto potrebbe sottintendere un rifiuto inconscio alla maternità a seguito di svariati problemi come giovane età della mamma, problemi economici , finanziari ecc…. PRURITO AI GENITALI Più spesso colpisce il sesso femminile, e, a meno di infezioni, può essere causato da sensi di colpa oppure da una insoddisfacente e poco gratificante vita sessuale. PER CONCLUDERE Il prurito diventa un modo di grattarsi via un persecutore interno – fantasmatico o reale non ha più importanza – che non da tregua. Ma il prurito aspecifico incontrollabile può essere anche la difesa a un cambiamento di pelle, a un passo esistenziale verso un’identità nuova, alla scelta della propria creatività, all’ assertività. In ogni caso, anche se si tratta di un disturbo psicosomatico, non si può evitare di curarlo perché i suoi effetti sono più che concreti. FONTI: http://psicoadvisor.com/ http://notizieonweb.altervista.org/pensier...ecettori-corpo/ DA:jedasupport.altervista.org

view post Posted: 25/6/2017, 02:25     +1Alcune cose che non sappiamo, su Winston Churchill - TUTTO CIO' CHE FA STORIA

Alcune cose che non sappiamo, su Winston Churchill

churchill

Ricordato per la leadership inflessibile come Primo Ministro del Regno Unito durante la seconda guerra mondiale, Winston Churchill è considerato uno dei più grandi statisti della storia. Ma dietro la sua figura statuaria si nascondeva un uomo con piccoli-grandi tic, pregi, difetti e tante curiosità. Ne abbiamo raccolto 11, senza contare il fatto che avesse un tatuaggio.

churchill_ipa_h28hb8

ZERO IN CONDOTTA. Churchill ha ottenuto numerosi riconoscimenti nella sua carriera, ma la sua adolescenza non l’avrebbe mai fatto presagire. Fin dalla tenera età, non gli piaceva la scuola ed era un cattivo studente. E fu bocciato per due volte agli esami per entrare in scuola militare. Tuttavia, eccelleva in storia e in lingua e letteratura inglese.

churchill_ipa_h28hb8_0

FUGGIASCO. Dopo la laurea, Churchill lavorò da giornalista anche come corrispondente di guerra (nella foto). Durante una missione in Sud Africa nel 1899, fu catturato dai guerriglieri boeri (discendenti degli olandesi che combattevano gli inglesi) e fu fatto prigioniero. Uomo di mille risorse però riuscì a fuggire scalando il muro della prigione nel mezzo della notte e si nascose in una miniera di carbone per tre giorni. Poi riuscì a trovare un passaggio sicuro via nave per l’Inghilterra...

churchill_ipa_h28hb8_1

AMAVA LA SCIENZA E CREDEVA NEGLI ALIENI. Tra gli anni 20 e gli anni 30, Churchill ha scritto diversi articoli di scienza sulle cellule, l'evoluzione e la fusione nucleare. Incontrava regolarmente gli scienziati, favorendo lo sviluppo della tecnologia (per esempio il radar e il programma nucleare della Gran Bretagna durante la guerra)
Nel 1940, fu il primo presidente del Consiglio a nominare un consulente scientifico, il fisico Frederick Lindemann. Ma un suo saggio recentemente scoperto mostra come lo statista inglese negli anni '30 fosse convinto dell'esistenza di altre forme di vita al di fuori della Terra. Le sue visioni sul tema erano davvero molto moderne.


churchill_ipa_h28hb8_2

CREATORE DI FRASI AD EFFETTO. A lui si deve l’espressione “cortina di ferro”, che usò per indicare il blocco sovietico che andava prendendo forma alla fine della seconda Guerra mondiale, nel marzo 1946. Ma Churchill è autore anche di aforismi prodigiosi come “Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta” e “Una mela al giorno leva il medico di torno… se hai una buona mira”.

churchill_ipa_h28hb8_3

LETTERATO. Churchill è l'unico primo ministro ad aver ricevuto il premio Nobel per la letteratura. Mentre i leader politici può accadere che vengano insigniti con il Nobel per la Pace, a lui toccò quello per la letteratura, nel 1953 per “la padronanza della descrizione storica e biografica, nonché per la brillante oratoria in difesa dei valori umani”. Churchill scrisse più di 20 libri, tra cui le sue avventure militari in India e Sud Africa, una biografia di suo padre, storie di entrambe le guerre mondiali, e anche un romanzo.
Nella foto, il Nobel consegnato a Churchill che aveva la "forma" di una copia del suo libro Grandi contemporanei rilegato con una copertina in argento.


churchill_ipa_h28hb8_4

GATTOFILO. Sappiamo anche che amava i gatti. Il suo più famoso compagno felino, Jock, era al suo fianco quando morì nel 1965. E in conformità ai suoi desideri, un gatto rosso chiamato Jock risiede ancora a Chartwell, la casa di famiglia.

churchill_ipa_h28hb8_5

RESISTENTE. Da giovane, Churchill ha subito una commozione cerebrale e si è rotto un rene, mentre giocosamente si lanciava da un ponte. In seguito, è quasi annegato in un lago svizzero, è caduto diverse volte da cavallo, si è slogato la spalla, si è schiantato con un aereo, mentre imparava a volare (nella foto) ed è stato investito da un'auto attraversando la Fifth Avenue di York. Nessuno di questi incidenti, però, lo ha ucciso. Ha vissuto fino a 90 anni (prima di soccombere ad un ictus).

churchill_ipa_h28hb8_6

PUNTUALE. Era puntuale in modo ossessivo e non ammetteva ritardi: Quando pensava che il suo orologio fosse stato manomesso, chiedeva l'ora a tutti gli ospiti per verificare che il tempo non gli sfuggisse.

churchill_ipa_h28hb8_7

DEPRESSO. Durante la sua vita, Churchill probabilmente ha sofferto di depressione maniacale, un male oscuro che chiamava il “cane nero”. A volte, la depressione era così grave che aveva paura di trovarsi vicino a un treno in corsa o sul ponte di una nave perché temeva di essere tentato di suicidarsi. Durante gli attacchi di depressione, Churchill passava una grande quantità di tempo a letto e perdeva la leggendaria capacità di concentrazione. Quando recuperava da un tale attacco, diceva: “finalmente tutti i colori tornano in scena".

churchill_ipa_h28hb8_8

ED ENERGICO. Quando non era depresso, Churchill era notoriamente pieno di energia, di solito lavorava fino alle prime ore del mattino, rimbalzando da una questione all’altra, si dice anche per via delle pillole di anfetamina che prendeva per curarsi dalla depressione.

churchill_ipa_h28hb8_9

IN UMIDO. Alcuni biografi dicono che Churchill era solito farsi almeno due bagni al giorno, per liberarsi dallo stress. Ma pare anche che l’acqua calda lo aiutasse a riflettere e appena poteva ci si immergeva. Un aneddoto vuole che durante la sua visita di 24 giorni negli Usa, nel 1941, Churchill avesse appena fatto il bagno e camminava in giro nudo, quando Roosevelt entrò nella sua stanza. Il Presidente imbarazzato fece per andarsene, ma Churchill gli disse di non farlo, spiegandogli che non aveva nulla da nascondere dal suo più stretto alleato.

focus.cultura/storia

view post Posted: 25/6/2017, 01:25     +1VI SIETE MAI CHIESTI CHE LINGUA PARLAVA GESU'? - RUBRICA

VI SIETE MAI CHIESTI CHE LINGUA PARLAVA GESU'?

Aramaico, ma conosceva l'ebraico. E la questione è anche diventata un caso politico (divertente) quando il Papa, sull'argomento, ha corretto il primo ministro israeliano Netanyahu.

gesu

Da anni la lingua parlata da Gesù alimenta un dibattito tra ebrei e palestinesi. La diatriba ha avuto un nuovo momento di gloria durante la visita di papa Francesco in Medio Oriente. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, durante un incontro ufficiale, è stato corretto dal pontefice proprio a proposito della lingua parlata da Gesù 2000 anni fa.

«Gesù ha vissuto qui, parlava ebraico», ha detto Netanyahu. «Aramaico», lo ha corretto Francesco. Netanyahu, immediatamente, ha precisato: «Parlava aramaico ma conosceva l’ebraico, perché leggeva le Scritture». E il siparietto si è chiuso con grandi sorrisi. E sostanzialmente con un pareggio: hanno ragione entrambi.

Gesù nacque a Betlemme, nella provincia romana della Giudea (oggi in Cisgiordania) e visse a Nazaret, in Galilea (oggi in Israele). E in queste zone al tempo si parlava l'aramaico, una lingua di ceppo semitico (come l’ebraico) al tempo molto diffusa in tutta la Palestina, ma che oggi è ancora usato soltanto in alcuni villaggi della Siria.

«Gesù parlava aramaico dalla nascita – ha spiegato alla Reuters Ghil’ad Zuckermann, un professore di linguistica – ma certamente conosceva anche l’ebraico perché era la lingua in vigore per i testi religiosi».


gesu_0

Maaloula, un paesino arroccato sui monti Al Qalamoun vicino a Damasco (Siria), dove nel convento cristiano di San Giorgio si recita in aramaico il Padre Nostro. Proprio come lo ha pronunciato Gesù. È uno dei pochi posti al mondo dove si parla aramaico, la lingua di Gesù.

In Palestina al tempo di Gesù si parlavano 4 lingue:
Il latino: era la lingua ufficiale, ma la usavano in pochi, quasi esclusivamente i romani e qualche persona colta. Difficile che un falegname come Gesù la parlasse.
Il greco: era abbastanza diffuso nelle città, dove la cultura ellenica aveva preso piede. Si calcola che lo parlassero dall’otto al quindici per cento degli abitanti di Gerusalemme. Non sarebbe sorprendente che Gesù se ne sia servito qualche volta, perché molti contadini e artigiani di Galilea conoscevano questa lingua per i loro commerci.
Alcuni avanzano l'ipotesi che con Pilato abbia parlato proprio in greco.
L'ebraico: era la lingua religiosa, parlata nelle sinagoghe, dove si leggevano i testi sacri scritti in questa lingua, e dai farisei che erano gli ebrei più osservanti. I Vangeli raccontano della predicazione di Gesù nelle sinagoghe e alle sue conversazioni con i farisei sui testi della Scrittura. Gesù dunque conosceva e parlava l'ebraico.
L'aramaico: era la lingua del popolo, usata quotidianamente. Gesù la parlava sicuramente nella sua vita privata e nella predicazione (nei Vangeli, in alcuni brani, viene esattamente riferita la parola aramaica:
talita qum (Mc 5,41), corbàn (Mc, 7,11), effetha (Mc, 7,34), geenna (Mc, 9,43), abbà (mc 14,35), Eloi, Eloi, lema sabactani? (Mc 15,34).


www.focus.it/cultura/storia

view post Posted: 22/6/2017, 01:15     +1I COPRI PENE"... INCREDIBILE MA ESISTONO ANCHE LORO" - RUBRICA

I COPRI PENE"... INCREDIBILE MA ESISTONO ANCHE LORO"

bdc4da94bbae455c20ca479f4e0a07a9

-smoking-

bdc4da94bbae455c20ca479f4e0a07a9_0


Come un re

oie_221351CMGM6vjq

Coloratissimo

oie_221555SEN0nWA6


Hot dog farcito


oie_2211425sqICgy37

Squalo

461cbe0f117aff81aa51589f3cdd958a

Palla da Pokemon

oie_2211916F3KCJ0es

pupazzo di Neve

oie_221233DiV2wo88

Maestro Yoda

0c01cf364fdd6b386fe81417da594f93

Pikachù

oie_221294NFf4iBdy

Candela

oie_2213239LDcnU0Jh

Elefante

oie_2213714PjH3fkFR

Superman

oie_2214041iNp1NKBJ

Arcobaleno

oie_2214337QnIaPV4z

Diavolo

oie_221463375jdzBeL

Minion

oie_2214953O6HNlWbg

Gelato

oie_221531218u33h99

Spada Laser

oie_2215558z4r49vDO

Batman

oie_2215940rJL7zsuJ

Rodolf la Renna dal naso rosso


oie_222336T7NlFumK


Vari Modelli

oie_222754TcJJ69hq


Anatomico

e6c2ec57ea7fed362adc1efa9dea94c1


fonte....robadadonne.it

view post Posted: 16/6/2017, 02:50     +1Carissimo Presidente. - RUBRICA

Carissimo Presidente.

18835623_10154654624587919_3838873121916489923_n

Carissimo Presidente,
mi permetta di rivolgerMi a Lei con affetto ma non per questo senza il dovuto e sentito rispetto istituzionale, per sottoporLe una vicenda che in queste ore sta occupando le prime pagine dei giornali e che riguarda il pronunciamento della Corte di Cassazione sul detenuto Salvatore Riina.
Mi rivolgo a Lei per chiederLe di intervenire pur consapevole di quanto il Suo ruolo sia importante e sopratutto di garanzia, ma tutti i cittadini onesti italiani confidano in Lei, e sperano che Lei ponga fine alla eventuale possibilità che Riina finisca di scontare la sua detenzione tra le mura di casa . Non mi permetterò di esporLe motivazioni giuridiche e morali perche lo hanno già fatto persone ben più autorevoli di me, ma mi limiterò a farLe appello in duplice ruolo, di figlia e di madre,
Figlia di Beppe Alfano, vittima innocente della mafia che ancora oggi ha davanti agli occhi l'immagine del sangue del proprio padre trucidato quasi sotto la propria abitazione e che a distanza di 24 anni non riesce a dimenticare l'odore del suo sangue sull'asfalto. Per mio padre avrei sperato una morte “normale”, tra le braccia dei propri cari. Avevo immaginato di vivere i momenti più importanti della mia vita al suo fianco. Purtroppo invece non ha potuto conoscere le mie figlie e non vedrà mai le famiglie dei miei fratelli. Sognavo di vedere i miei genitori invecchiare insieme, ed invece ancora oggi asciugo le lacrime di mia madre. Purtroppo Signor Presidente, mio padre non ha avuto una morte dignitosa. Il suo viso è stato devastato da un colpo di pistola sparatogli in bocca, ed il suo corpo martoriato dall'autopsia. La prego Signor Presidente, non permetta a nessuno di umiliare ancora una volta la memoria di mio padre e di tutte le vittime innocenti della mafia.
Da madre di Giusy, Monica ed Aurora, Le chiedo di intervenire per evitare che le mie figlie debbano piangere come ho pianto e continuo a piangere mio padre. Vivo sotto scorta da oltre 5 anni e negli utlimi tre anni il mio dispositivo di sicurezza è stato innalzato quasi ai massimi livelli. Cioè da quando fui convocata in Prefettura e mi fu fatta leggere la trascrizione di alcune intercettazioni effettuate in carcere dalla Dia di Palermo, a carico del Riina mentre parlava di me con il boss Lorusso . Nella loro conversazione Riina rassicurava il Lorusso che era tutto pronto per me, erano pronti i proiettili per Sonia Alfano. Ed il suo odio per me lo portava a ripetere il mio nome e cognome per ben sette volte in un unico periodo. Ha poi concluso dicendo che parlo troppo in tv dei servizi segreti, che so troppe cose e che per questi motivi avrebbe provveduto subito...
Signor Presidente se Riina dovesse realmente uscire dal carcere, temo che la mia condanna a morte possa subire un'accelerazione. Già nel 2012 quando mi recai in visita da lui in carcere, ebbe a dirmi davanti alla polizia penitenziaria che “lui non dimentica, che è sempre Riina Salvatore e che mi avrebbe fatto fucilare”. La prego Signor Presidente di evitare che le mie figlie e la mia famiglia continuino a vivere in un incubo. La nostra vita è già limitata dalle condizioni inevitabilmente rigide previste dal dispositivo di sicurezza, ma davvero ci riesce difficile credere che lo stesso Stato che cerca di proteggermi da questo individuo e dallla sua condanna a morte, oggi senta il dovere “etico e morale” di rimandarlo a casa sua. Invoco il Suo intervento per non vedermi costretta a fuggire lontano da questo Paese per proteggere me stessa e sopratutto le mie figlie, nel caso in cui Riina dovesse essere mandato a casa sua.
So di chiederLe un gesto motlo forte ma Le chiedo di pronunciarsi anche per fugare ogni legittimo dubbio rigurardo questa eventuale diversità di trattamento, non riservata invece ad altri detenuti morti in carcere, quelli si veramente, in gravissime condizioni di salute. Le chiedo di non consentire a nessuno di poter pensare che questa disparità di trattamento riservato al Riina possa invece tradursi in una sorta di cambiale che lo Stato Italiano sta pagando a Riina per il suo silenzio. Le chiedo di far rispettare la Legge Italiana e tutte quelle sentenze che hanno previsto per Riina il carcere a vita. I familiari delle vittime innocenti della mafia non chiedono in alcun modo vendetta ma solo giustizia. Giustizia per quelle stesse sentenze che rischiano di essere derise ed umiliate dalla furbizia di Riina e dei suoi sodali.
Palermo lì 06/06/2017
Con rispetto e affetto
Sonia Alfano

view post Posted: 16/6/2017, 02:24     +1"- Giovà, svegliati! - RUBRICA

"- Giovà, svegliati!

18952609_10154656919922919_5456037840995230083_n

"- Giovà, svegliati!
- Che c'è Paolo, stavo riposando, manco qua sopra in santa pace posso stare.
- Amunì svegliati che ti devo dire una cosa!
- Sveglio sono, che cosa c'è?
- Ti ricordi quando ti dissi che tra le teste di minchia eri il più testa di minchia di tutti?
- E come dimenticarlo, e quindi? Mi hai svegliato per questo?
- No. Ti devo dire una cosa.
- Dimmi.
- In questi anni qui sopra siamo stati in silenzio, abbiamo guardato dall'alto andare allo sfacelo il lavoro per cui abbiamo dato la vita.
- Eh...
- Poi però ci siamo ricreduti. Abbiamo visto nascere nella gente una coscienza nuova. Le persone si sono rotte le palle della mafia, dei mafiosi. Chi c'era ai tempi nostri si è rotto le scatole e ne è stato alla larga e chi, invece, era troppo giovane, ha vissuto nel ricordo di un male incurabile che ha macchiato il nome della Sicilia, ma consapevole che la mafia, quella che abbiamo conosciuto noi, non c'era più. E così è stato bello vedere tutti quanti gioire per noi, nel nostro ricordo. Musica, carri, manifesti.
- Miii troppo bello. Per non parlare di tutte le persone importanti che ci hanno tenuto davvero a salire sui palchi e a parlare di noi... E quindi? Mi vuoi dire che hanno organizzato un'altra festa? Perché sono stanco per vederla ora, però m'arruspigghio se necessario.
- No Giová. Volevo dirti che per anni hai creduto di aver lasciato abbastanza, di aver dimostrato che, alla fine, siamo noi che abbiamo vinto, che anche se eri stato un testa di minchia, ne era valsa la pena. Oggi ti dico: siamo due teste di minchia. Due.
- Perché?
- Perché siamo morti tra le macerie di una società che ci ha massacrato e che ora, a meno di un mese dal giorno della tua morte, afferma che Riina, mischinieddu, merita una morte dignitosa.
- Ah... Capisco. Comunque mi siddió... Spegni la luce per favore.
- Ok Giová.
- Pà... Ma secondo te dopo il Paradiso c'è altro?
- Non lo so... Perché?
- Perché oggi credo di essere morto per la seconda volta.

dal sito della polizia di stato.

1051 replies since 9/1/2010